Corridori africani: i perché di un dominio incontrastato
Ormai da anni l’atletica leggera è dominata, per quanto riguarda le gare di mezzofondo e fondo, dai corridori provenienti dal continente africano, che non sembrano essere intenzionati ad abbandonare il ruolo di protagonisti del panorama internazionale.
Ormai da anni l’atletica leggera è dominata, per quanto riguarda le gare di mezzofondo e fondo, dai corridori provenienti dal continente africano, che non sembrano essere intenzionati ad abbandonare il ruolo di protagonisti del panorama internazionale. Sia in campo maschile che in quello femminile (anche se inizialmente le donne erano meno dominatrici rispetto agli uomini), gli atleti del continente “nero”fanno incetta di medaglie ed hanno abbassato velocemente tutti i record, compreso quello della maratona, specialità della quale hanno anche modificato le modalità di interpretazione visto che sono capaci di imporre, nel corso di una gara di tale lunghezza, cambi di ritmo repentini e violenti che in passato erano considerati follia da qualunque specialista di buon livello.
E’ logico che gli studiosi si siano chiesti il perché di un fenomeno di questo tipo ed abbiano cercato di individuare i fattori determinanti le prestazioni di questi portentosi corridori. Gli studi più interessanti a riguardo appartengono ad uno scienziato danese, Saltin, che si è concentrato sull’enzimologia di questi soggetti. Egli ritiene, infatti, che la loro forza sia determinata dal fatto che essi sarebbero in possesso di un gene che esprimerebbe un enzima capace di far smaltire più velocemente l’acido lattico. In questo senso, però, non si è mai giunti a conclusioni definitive ed ultimamente si è più portati pensare che sarebbe determinante il fatto che, nelle popolazioni africane, sia maggiore la percentuale di soggetti con una versione meno attiva del gene che codifica per l’ACE, un enzima chiamato anche convertasi, il che comporterebbe una migliore combustione dell’ossigeno oltre che una minore ritenzione di liquidi. Ormai abbandonate, invece, le teorie secondo le quali l’allenamento sugli altipiani e l’abitudine sin da bambini a percorrere lunghe distanze di corsa, per esempio per andare a scuola, siano i punti di forza che porterebbero questi popoli ad essere particolarmente predisposti alle corse di resistenza. Relativamente al primo punto, infatti, si può facilmente obiettare che altre popolazioni che vivono sugli altipiani non hanno mai avuto campioni di mezzofondo e fondo e, per quanto riguarda le abitudini di vita, sembra una spiegazione non sufficiente a giustificare una tale superiorità.
Sembra plausibile, invece, il fatto che una maggior dotazione di fibre muscolari con caratteristiche veloci, che è stata ampiamente evidenziata da più studi, possa essere determinante ai fini della prestazione: nelle gare di mezzofondo e fondo, dopotutto, non vince chi corre per più tempo ma chi è più veloce a percorrere una distanza, per quanto lunga essa possa essere. Fra le altre cose, questi atleti impegnano un’alta percentuale di ore di allenamento in corsa ad alta intensità e questo, insieme alla loro maggiore dotazione di fibre veloci, garantirebbe loro maggiori velocità di gara. L’ultimo aspetto da esaminare è quello delle caratteristiche antropometriche. Uno studio abbastanza recente ha messo in evidenza il fatto che gli atleti africani, keniani nello specifico, avrebbero polpacci più sottili (il 4% in meno rispetto agli altri), il che favorirebbe la loro biomeccanica di corsa, ne ridurrebbe il costo energetico e ne migliorerebbe l’efficacia.
Le teorie sono, quindi, molte e molti gli aspetti da tenere in considerazione. Nulla di definitivo è stato detto e sarebbe opportuno condurre studi approfonditi, soprattutto su atleti di alto livello, cosa che finora non è stata possibile.