Il massimo consumo di ossigeno
Il massimo consumo di ossigeno (o VO2 max) è un parametro di grande importanza ai fini della valutazione e della programmazione dell’allenamento di un’atleta, ed a maggior ragione di uno che pratichi discipline di endurance.
Il massimo consumo di ossigeno (o VO2 max) è un parametro di grande importanza ai fini della valutazione e della programmazione dell’allenamento di un’atleta, ed a maggior ragione di uno che pratichi discipline di endurance. Esso rappresenta la più alta quantità di ossigeno che il corpo è in grado di utilizzare nel corso dell’esercizio fisico nell’unità di tempo. A tale valore si associa sempre quello della velocità aerobica massima (VAM), cioè della velocità alla quale un’atleta raggiunge il massimo consumo di ossigeno ed alla quale utilizza sicuramente come meccanismo principale di produzione dell’energia il sistema aerobico.
Il valore del VO2 max, come sottolineato da Di Prampero (1987), rappresenta “una misura globale ed integrata di tutti quei meccanismi che presiedono al trasporto dell’O2 fino alla sua utilizzazione all’interno dei mitocondri della cellula muscolare”. La sua entità è predeterminata geneticamente e viene espressa in litri/minuto o, in relazione col peso corporeo, in ml/kg/min. In atleti ben allenati sono stati registrati valori compresi tra i 60 e gli 80 ml/kg/min, mentre in soggetti sani ma sedentari tali valori erano compresi tra 25 e 50 e scendevano a 10-16 in soggetti affetti da patologie cardiache e addirittura sotto i 10 in quelli colpiti da gravi patologie. I valori medi del VO2 max sono, inoltre, fortemente condizionati dall’età e dal sesso e subiscono, nel corso della vita, variazioni anche notevoli. Sia nei maschi che nelle femmine, il picco si raggiunge tra i 16 ed i 17 anni e tende poi a diminuire con l’età, con una accentuazione dopo i 50 anni. Le donne, in generale, hanno un VO2 max inferiore a quello degli uomini ma tale differenza scompare se si rapporta il valore alla percentuale di massa magra. Ciò sta a significare che è la maggior percentuale di grasso corporeo delle donne a determinare un massimo consumo di ossigeno inferiore oltre ad un contenuto totale di emoglobina che, nel sesso femminile, risulta essere inferiore.
Il VO2 max (che può anche essere definito “massima potenza aerobica”) offre un’informazione generale sui livelli di efficienza dell’apparato cardiocircolatorio, respiratorio e muscolare ma, anche se non vi è una relazione diretta tra esso e la prestazione, facilita quest’ultima se elevato. Valori superiori a 70 rappresentano, ad esempio, una buona base per le competizioni di resistenza. L’allenamento di endurance, se condotto alla giusta intensità, può migliorare tale parametro di circa il 15-20% e ciò comporta una riduzione della frequenza cardiaca ed una maggiore economia del lavoro cardiaco, a parità di carico, il che significa una riduzione del costo energetico.
Sono principalmente muscolari gli adattamenti determinati dall’allenamento prolungato e solo una riduzione di quest’ultimo può provocare una qualche perdita relativa a tale parametro mentre atleti ben allenati non evidenziano alcun cambiamento in negativo. Ovviamente, i fattori limitanti tale parametro sono vari, dalla capacità di diffusione polmonare, alla concentrazione dell’emoglobina, al volume del sangue ed alla gittata cardiaca, all’afflusso di sangue ai tessuti, alla capacità di trasporto dell’ossigeno ed infine alla capacità dei muscoli di utilizzarlo. L’allenamento influisce su ciascuno di tali fattori.
Il parametro VO2 max rappresenta, perciò, un valore molto importante ai fini della valutazione delle capacità prestative dell’atleta e non solo di quello di endurance ma anche di quello praticante tipologie di sport ad impegno diverso da quello prettamente aerobico.