Recupero attivo o recupero passivo: quale verità?
I podisti, gli atleti ed, in generale, i praticanti atletica leggera non fanno mai mancare nel loro programma gli allenamenti che prevedono prove ripetute di lunghezza variabile. E quando si parla di ripetute la domanda che più comunemente viene fatta è : “Come devo recuperare? E’ meglio il recupero passivo o quello attivo?”.
I podisti, gli atleti ed, in generale, i praticanti atletica leggera non fanno mai mancare nel loro programma gli allenamenti che prevedono prove ripetute di lunghezza variabile. E quando si parla di ripetute la domanda che più comunemente viene fatta è : “Come devo recuperare? E’ meglio il recupero passivo o quello attivo?”. In realtà non esiste una verità assoluta che sia valida per tutte le situazioni ma è opportuno valutare alcuni aspetti fondamentali.
Innanzitutto è opportuno precisare che il famosissimo recupero in souplesse, quello condotto in corsetta leggerissima, in realtà non è di grande utilità e dovrebbe essere utilizzato solo da principianti che ancora mal si adattano a recuperi che prevedano un’attività abbastanza intensa. Il recupero attivo, invece, deve essere condotto ad un intensità prestabilita che è diversa di atleta in atleta e deve essere calcolata sulla base di quella del massimo consumo di ossigeno. Una percentuale compresa tra il 50% ed il 60% sembrerebbe quella più adatta, almeno per quanto riguarda la corsa. L’alternativa è, ovviamente, il recupero da fermo, quello passivo, da molti preferito perché consentirebbe maggiore brillantezza durante le prove.
Per arrivare a conclusioni corrette dobbiamo tenere in considerazione le necessità di ciascun atleta. Se abbiamo a che fare con un mezzofondista veloce (800 metri o 1500 metri o anche più) l’obiettivo dell’allenamento sarà quello di farlo abituarlo a gestire grosse quantità di acido lattico per riprodurre le condizioni che si verificheranno in gara. Per questo motivo sarà da preferire un recupero da fermo che non consente uno smaltimento ottimale del lattato. Se, invece, l’atleta ha la necessità di tollerare quantità costanti di acido lattico per un periodo lungo, come accade, ad esempio, nei 10000 metri, allora il recupero attivo, all’intensità giusta, sarà da consigliare perché consentirà un certo smaltimento delle scorie lattacide ma non completamente. Sarà quindi la specialità praticata a condizionare la scelta della tipologia di recupero da adottare. Ovviamente la scelta del recupero, attivo o passivo che sia, condizionerà anche l’intensità delle prove ripetute che sarà maggiore nel primo caso rispetto al secondo.
Buona corsa!