D’Urso unica medaglia mondiale catanese
Negli ultimi venti anni del XX secolo e in questo nuovo millennio l’Italia ha avuto quattro ottocentisti di buon valore internazionale. Il primo ad apparire sulla scena è stato il potentino Donato Sabia nel 1980, poi fu la volta di Andrea Benvenuti e Giuseppe D’Urso (amici per la pelle e quasi coetanei, più piccolo di tre mesi il veronese) e infine Andrea Longo. Articolo di Michelangelo Granata.
Scoperto dal suo professore di educazione fisica Pietro Collura, Giuseppe D’Urso (nato il 15 settembre 1979), l’unico medagliato catanese in una rassegna “globale”, ha mosso i primi passi nell’atletica nel 1985 a 16 anni con la Libertas Catania, nel 1989 lo troviamo con il Cus Palermo e dal 1990 con le Fiamme Azzurre. Negli ultimi venti anni del XX secolo e in questo nuovo millennio l’Italia ha avuto quattro ottocentisti di buon valore internazionale. Il primo ad apparire sulla scena è stato il potentino Donato Sabia nel 1980, poi fu la volta di Andrea Benvenuti e Giuseppe D’Urso (amici per la pelle e quasi coetanei, più piccolo di tre mesi il veronese) e infine Andrea Longo.
Emilio Lunghi, Luigi Beccali, Mario Lanzi, Giuseppe D’Urso, questi i quattro italiani che sono saliti sul podio ai Giochi Olimpici o ai Mondiali nella storia del mezzofondo veloce. L’unico oro azzurro è stato quello di Luigi Beccali, lo vinse sui 1500 metri a Los Angeles 1932, aprendo una nuova frontiera per l’Italia nelle medie distanze. Quattro anni dopo il milanese colse a Berlino il bronzo olimpico sempre nei 1500. Negli 800 gli azzurri hanno conquistato tre argenti splendenti: Emilio Lunghi, il primo grande della nostra atletica, a Londra 1908; Mario Lanzi, l’atleta dai traguardi mancati, a Berlino 1936; Giuseppe D’Urso, 57 anni dopo, a Stoccarda 1993. D’Urso si rivela precocemente a 19 anni ai Mondiali Juniores di Sudbury 1988, dove si piazza quinto alla sua prima esperienza internazionale, seguito da un settimo posto agli Europei di Spalato 1990, sempre negli 800 metri. Nel 1991 è il n. 1 italiano dell’anno sui due giri di pista nel ranking di merito. In quella stagione alle Universiadi di Sheffield il 22 luglio è il primo azzurro a conquistare l’oro sugli 800 in questa rassegna. L’11 agosto a Grosseto con 1’45”94 scende sotto la barriera di 1’46”0, settimo italiano di tutti i tempi. Ai Mondiali di Tokyo il 25 agosto, quarto in batteria, manca per cinque centesimi di secondo l’ingresso alle semifinali, beffato dal sovietico Sudnik nell’ultimo metro e mezzo sulla linea d’arrivo.
Ai Giochi Olimpici di Barcellona 1992 una maledetta tonsillite con febbre a 38,5°, sopravvenuta il giorno prima della gara, l’inchioda a letto e la mattina dopo non può prendere il via nella quarta batteria. E qui Benvenuti, a parti ribaltate un anno prima di Stoccarda, è quinto in finale. Nel Meeting internazionale indoor di Genova del 17 febbraio 1993 l’ottocentista catanese con una splendida cavalcata sposta il limite italiano a 1’45”44 (il precedente era di Carlo Grippo, 1’46”37 nel 1977), miglior prestazione mondiale indoor del 1993 e a fine stagione quinta “alltime”. Nell’ordine il keniano Paul Ereng (1’44”84), l’inglese Sebastian Coe (1’44”91), lo statunitense Johnny Gray (1’45”00), appena un centesimo meglio di D’Urso il brasiliano José Luiz Barbosa (1’45”43). Così Giuseppe su Atletica Leggera (marzo 1993, n. 397): “Mi sentivo benissimo. L’australiano Stubbs, incaricato di fare l’andatura, è stato quasi perfetto. Questo record lo dedico al mio allenatore Pietro Collura che mi ha scoperto in una selezione scolastica”.
L’impresa più straordinaria del catanese rimane l’argento conquistato ai Mondiali di Stoccarda 1993. In una lotta concitata con i keniani, D’Urso giustizia in volata il favorito Billy Konchellah – il lungo Masai che aspirava alla tripletta mondiale dopo Roma 1987 e Tokyo 1991 – finito solo terzo in 1’44”89, ma soccombe alla lepre Paul Ruto, 1’44”86 contro 1’44”71. Giuseppe compie il capolavoro negli ultimi 120 metri. Si porta all’esterno e sferra l’attacco portentoso, intanto Konchellah esce dalle retrovie, rimonta posizione su posizione, affianca D’Urso che resiste al suo micidiale finish e regala all’Italia una medaglia che rimarrà nella storia. Il catanese dopo l’arrivo è incredulo, quasi non si capacita, ma non si deve svegliare da nessun sogno, quel gradino in cima all’élite mondiale gli appartiene di diritto. L’amico Andrea Benvenuti, crollato a terra in batteria dopo 230 metri di gara per una microfrattura al piede sinistro, in tribuna piange. Al Golden Gala il 5 giugno 1996, in una magica serata romana all’Olimpico, ottiene una splendida vittoria con il personale di 1’43”95 che dedica alla moglie Tania, miglior prestazione mondiale stagionale in quel momento e a tutt’oggi la quinta italiana di sempre. Nel 1998 D’Urso ritorna grande, il 5 giugno illumina la Notturna di Milano con 1’44”46, suo terzo tempo e il 27 è d’oro in Coppa Europa a San Pietroburgo sui 1500. Di nuovo re di Coppa nel 1999 allo “Stade Charlety” di Parigi il 19 giugno sulla distanza più lunga con la sua volata da manuale, uno dei gesti più eleganti e spettacolari della manifestazione che ha visto gli azzurri elevarsi ad uno storico secondo posto.
a cura di Michelangelo Granata