Marta Poretti prima all’ Ultratrail 100 Miles of Istria
La 37enne lombarda si è aggiudicata la gara più lunga: 168,2km con 6721m di dislivello positivo/salita e 7016m dislivello negativo. Un lungo viaggio, un’infinità di chilometri e di tempo: per lei, prima donna, ben 26ore11’18”, nona assoluta. Il primo uomo, lo statunitense Jay Aldous, ha impiegato 20ore31’39”.
Ultratrail 100 Miles of Istria. Una sola donna al comando, la ‘nostra’ Marta Poretti che si è aggiudicata la gara più lunga: 168,2km con 6721m di dislivello positivo/salita e 7016m dislivello negativo. Un lungo viaggio, un’infinità di chilometri e di tempo: per lei, prima donna, ben 26ore11’18”, nona assoluta. Il primo uomo, lo statunitense Jay Aldous, ha impiegato 20ore31’39”.
“Era la prima esperienza – ha dichiarato la Poretti – su un distanza simile e con questo dislivello. Ero reduce da una buona prestazione alla TransGranCanaria dove avevo ottenuto un buon settimo posto, ma ero incuriosita dall’ambiente e dalla descrizione di una gara molto “selvaggia” – le sue parole dopo l’arrivo – ero preoccupata per i postumi di un virus che mi aveva colpita la settimana scorsa, ma ero convinta, comunque, di poter portare a casa un buon risultato”. Convinzione prima di tutto “Volevo vedere se davvero sarei riuscita a fare la differenza sulla tenuta e ho cercato di partire subito abbastanza sostenuta, cercando di impostare un ritmo che sentivo sarei riuscita a tenere per tutto il tempo. Prima metà di gara molto tecnica e resa ancor più difficile perché fatta di notte. Ho avuto qualche difficoltà su alcune discese molto tecniche, nelle quali non ho voluto rischiare ma che mi hanno rallentata molto tanto da farmi raggiungere dalla seconda, la slovena Marieta Gomilsak che fu seconda lo scorso anno”.
Dove hai fatto la differenza? “Ai ristori ho cercato di fermarmi il meno possibile, panino con prosciutto o tacchino, magari portato via e mangiato strada facendo. Mentre la seconda metà gara, molto più corribile, mi ha permesso di staccare la slovena che ha perso terreno. Ai tecnici single track, con passaggi a volte insidiosi ma sempre ben segnalati, si sono sostituiti lunghi stradoni molto più corribili. In questi ho spinto il più possibile, cosciente del fatto che la prima metà gara era stata molto pesante per cui riuscire a spingere nella seconda non sarebbe stato facile e avrebbe quindi fatto la differenza. Il vero problema? Gli ultimi 13 km, un piattone infinito fino all’arrivo. Ecco si…credo questa sia stata la parte più dura!”