Scudo aerodinamico, lo sprint ha un’arma in più
Presentato dall’Istituto di Scienza dello Sport del CONI il dispositivo che allena lo sviluppo della velocità, testato dal campione europeo indoor dei 60 Marcell Jacobs.
Un’arma in più, precisamente uno scudo, al servizio dello sport italiano. È stato presentato nell’ambito del webinar “Scudo Aerodinamico – nuove tecnologie di supporto all’allenamento” organizzato dall’Istituto di Scienza dello Sport del CONI che ha progettato e realizzato il dispositivo.
Lo scudo, una sorta di laboratorio mobile testato inizialmente con gli azzurri della FIDAL, riduce drasticamente la resistenza aerodinamica all’avanzamento e consente agli atleti di correre in scia dietro ad un’autovettura Toyota ibrida C-HR, partner del CONI, a parità di potenza erogata ma a velocità superiori a quelle di gara incidendo sulla sovrastimolazione neuro muscolare.
“Negli ultimi 3 anni è stato fatto un grosso sforzo e ora ne godiamo i frutti – ha evidenziato Carlo Mornati, segretario generale del CONI e responsabile della preparazione olimpica -. Questo scudo è qualcosa di già visto, ma è stato rispolverato secondo i canoni moderni. La nostra intenzione è quella di tornare ad essere dei supporti efficaci ed efficienti per le Federazioni. Lo scorso anno abbiamo lavorato con 22 Federazioni e mi fa estremamente piacere presentare questo progetto con l’atletica.
Ringrazio il dt La Torre che è stato sempre sensibile a queste collaborazioni con il CONI. Il mio auspicio è che questo nuovo quadriennio possa partire con uno spirito collaborazione che ci deve contraddistinguere. I nostri competitor stanno lavorando molto dal punto di vista tecnologico, con un’applicazione molto più specifica e settoriale, ed è quello che vogliamo fare anche noi. Mi auguro sia l’inizio di una collaborazione sempre più stretta”.
Lo scudo, una sorta di carrello trainato da un’autovettura, riprende e sviluppa un progetto ideato nel 1987 dal professor Antonio Dal Monte, già direttore scientifico e capo del dipartimento di Fisiologia e Biomeccanica dell’Istituto di Scienza dello Sport e prevede l’adozione nel dispositivo di barre optoelettroniche, telecamere miniaturizzate, sensore per la misura della velocità e indicatore laser.
“Ho avuto la fortuna di aver lavorato con il professor Sandro Donati e il professor Antonio Dal Monte e di aver in parte iniziato ad utilizzare l’antesignano dello scudo odierno – ha ricordato l’ex mezzofondista azzurro e attuale presidente FIDAL Stefano Mei – È ovvio che esso può esaltare le qualità dei velocisti. È sicuramente un passo importante per riavvicinare l’atletica all’Istituto di Scienza dello Sport.
Noi in passato lavoravamo sistematicamente all’Istituto per testare delle cose che sembravano un po’ fantascientifiche e ho avuto la fortuna di vivere quel periodo pionieristico. L’atletica si presta alla sperimentazione di tutto ciò che arriva dalla tecnologia e dalla metodologia e mi auguro che questa collaborazione rinnovata possa portare un miglioramento di tutto lo sport italiano. Per Parigi 2024 avremo sicuramente un’arma in più, forse già per Tokyo”.
I primi riscontri dei tecnici e atleti che hanno utilizzato lo scudo sono molto positivi. “È stato fatto un lavoro veramente ottimo, io in primis ho corso in modo semplice, andando molto veloce – ha rivelato Marcell Jacobs, campione europeo indoor nei 60 metri, che ha svolto nei giorni scorsi dei test allo Stadio dei Marmi -. Quando uno è al massimo della forma lavorare con lo scudo può dare tantissimi vantaggi, non senti il vento ma avverti un risucchio che ti spinge. Credo che sia un valore aggiunto, veramente utile e può servire molto sia a livello tecnico che di velocità. Timore del mezzo? Bisogna sincronizzarsi quando la macchina passa, ma quando sei all’interno è molto più facile, ti stimola a cercare di raggiungerla”.
Articolo e FOTO tratti dal sito www.fidal.it