Il 10 giugno la Supermaratona dell’Etna, da zero a 3000 metri
Grande attesa per la corsa di 43 chilometri organizzata da Etna Trail A.S.D., che parte dal mare e arriva a quota 3000 metri, ovvero da Marina di Cottone (Catania) alla cima del più alto vulcano attivo d’Europa, l’Etna. Le parole di chi l’ha corsa e seguita più volte: Carmelo Santoro e Alfio Mazza.
Il prossimo 10 giugno si correrà la Supermaratona dell’Etna, la corsa di 43 chilometri organizzata da Etna Trail A.S.D., che parte dal mare e arriva a quota 3000 metri, ovvero da Marina di Cottone (Catania) alla cima del più alto vulcano attivo d’Europa, l’Etna. Una competizione emozionante e specialissima, come spiegano due runners siciliani doc che l’hanno corsa più volte e facenti parte oggi del team organizzativo: Carmelo Santoro e Alfio Mazza.
Le parole di Santoro che l’ha corsa nel 2006, 2007 e 2008: «È l’unica gara al mondo che sin dalla partenza vede l’arrivo (il vulcano campeggia su tutto ed è ben visibile per tutto il tempo). Ed è l’unica che parte dal mare, con una temperatura estiva, e quando tagli il traguardo ti fa precipitare in pieno inverno».
La parte più bella? «Gli ultimi 5 chilometri che rappresentano anche il tratto più duro, con una pendenza allucinante di 150 metri ogni chilometro. Sali e vedi il mare, a destra ci sono le isole Eolie e a sinistra il cratere. E poi la parte che ti fa battere il cuore: l’arrivo a Serra delle Concazze, l’unico tratto della maratona che è pianeggiante per circa cinquecento metri».
A chi consiglieresti la Supermaratona dell’Etna? «Si tratta di una corsa che si addice a chi corre su strada perché 33 chilometri sono su asfalto, e solo gli ultimi 10 km sono sterrati. Una corsa organizzata nei minimi dettagli, che segue gli atleti dall’inizio alla fine, portando la sacca dei runners contente il cambio pesante all’arrivo, e li segue chilometro dopo chilometro con il ristoro mobile, ovvero due Apecar che fanno la spola avanti e indietro fornendo acqua e sali minerali ai partecipanti».
E poi c’è Alfio, che come atleta e organizzatore l’ha corsa e seguita ben 16 volte: «Ricordo quando corsi la seconda edizione: eravamo solo una cinquantina di runners e allo start vedevamo l’arrivo e ciò che stavamo per fare ci sembrava una follia, poi km dopo km abbiamo iniziato a crederci».
Una competizione molto particolare, ma anche molto dura. «Una corsa che non si può improvvisare perché corri sempre in salita per 43 chilometri; certo ci sono dei tratti in cui si cammina, però la fatica è tanta, ti devi preparare a lungo provando il percorso, soprattutto in avvicinamento alla data della gara. Ed è una corsa in cui gli stimoli non mancano grazie all’unicità del tracciato che ti sorprende in continuazione e che, dopo Piano Provenzana, ti proietta in un altro pianeta totalmente nero».