Salomon Maxi Race Etna Trail: lo start con vista sullo Stretto di Messina e Taormina
Domenica 28 luglio, sul versante nord dell’Etna, è in programma la XIII edizione di Etna Trail. Il direttore gara Carmelo Santoro ci spiega la particolarità della 64 km, il punto più bello e quello più duro e mette in luce: “Il percorso è panoramico e permette di scorgere costantemente il mare e il cratere”. E offre alcuni consigli tra cui: “mettere le ghette, la giacca antivento e la crema solare”.
Etna Trail, l’evento di trail running in programma il prossimo 28 luglio, sul versante Nord dell’Etna con la Salomon Maxi Race Etna Trail di 64 chilometri, e le “sorelle minori”, la 24 e la 14 chilometri, è ormai divenuto un appuntamento fisso per gli amanti della corsa off road. A descrivere il percorso della competizione “regina” è il direttore gara, Carmelo Santoro, che ci accompagna virtualmente lungo i 64 chilometri di sentieri che si snodano sulle pendici del vulcano attivo più alto d’Europa. Un percorso panoramico in cui si scorge sempre il mare e il cratere, con tratti in cui si corre in boschi di pini, faggi, e betulle, l’attraversamento di sciare laviche e deserti vulcanici, passando accanto a quasi tutte le grotte del versante nord dell’Etna.
Le parole di Carmelo Santoro: “Il percorso parte alle 6 del mattino da Piano Provenzana”, spiega, “a quota 1800 metri, con un tratto subito in discesa in direzione della pineta Ragabo, con vista sullo Stretto di Messina e su Taormina, con il sole che sorge dal mare”. Con i partecipanti che sin dai primi chilometri vengono immersi in un paesaggio mozzafiato, avvolti dal nero della lava cristallizzata, e poco dopo dalla vegetazione. “È una partenza spettacolare”, ha continuato Santoro, “dove la bellezza della natura vulcanica si fonde con l’emozione della corsa”.
Dopo il bosco si transita all’interno della grotta di scorrimento lavico chiamata Grotta di Corruccio, per poi proseguire verso lo Zappinazzo, dove si trova il più grande pino laricio dell’Etna. Il percorso si snoda poi verso le grotte Dei Rotoli e Della Neve, per salire verso il Rifugio Citelli e la Grotta di Serracozzo. Dai qui si apre lo scenario verso Monte Frumento delle Concazze che rappresenta: “il punto più bello della gara, dove inizia la discesa e puoi godere di un panorama stupendo; inoltre non manca molto alla fine della fatica, e sappiamo che le competizioni si ricordano soprattutto per la parte finale”.
Si passa poi sui monti Sartorius, per fare ritorno verso il check point di Piano Provenzana, e ripartire attraversando la colata lavica del 2002 e dirigersi verso un’antica bottoniera del 1911. Si ritrova un po’ di refrigerio grazie all’attraversamento della faggeta di Timpa Rossa; quindi ancora antiche colate laviche e i cosiddetti dammusi, e la Grotta dei Lamponi. Questa parte, mette in luce il race director, è: “il punto più duro della gara; siamo tra il 48° e il 52° km parte, con la strada che parte da 1600 e arriva a 2000 metri, e in 4 chilometri abbiamo ben 400 metri di dislivello!”. Da qui dopo i passaggi da Monte Nero e dalla bottoniera del 2002, il percorso prosegue verso una impegnativa salita verso l’Osservatorio Vulcanologico a Pizzi De Neri. Con la discesa finale volteggiando sulla sabbia vulcanica che conduce al traguardo posto a Piano Provenzana.
È sempre il direttore gara a dare i suggerimenti per affrontare la gara: “In primis seguire il regolamento dove si trovano tutte le info utili. E mettere le ghette; sono obbligatorie e indispensabili perché se entra della sabbia vulcanica nelle scarpe nel primo tratto di gara poi, quasi certamente, sarà impossibile continuare a correre. E non dimenticare la giacca antivento, siamo in luglio ma si arriva quasi a 3000 metri di quota e la temperatura si aggirerà tra i 10 e i 23 gradi, a seconda delle condizioni meteo. Ultimo consiglio, mettere la crema solare e il burro di cacao per mantenersi protetti e idratati”.